martedì 1 marzo 2011

Louise Michel e gli altri animali

Articolo apparso senza firma sul numero 6 dell'Antispéfeuille, giornale gratuito prodotto dal Collettivo antispecista di Parigi.


Traduzione: Agnese Pignataro


 
Nella prefazione dell'edizione del 1886 delle Mémoires (Paris, La Découverte) di Louise Michel (1830-1905), il suo editore scrive:
Ci sono due Louise Michel: quella leggendaria e quella reale [...] - per la maggior parte del pubblico e soprattutto in provincia, Louise Michel è una specie di spauracchio, una virago implacabile, una orchessa, un mostro a figura umana, disposta a seminare dappertutto ferro, fuoco, petrolio e dinamite... All'occorrenza, la si accuserebbe di mangiar crudi i bambini... (p. 7)
 

Questa Louise Michel, già leggendaria durante la sua vita, è stata apparentemente dimenticata per lasciare spazio ad una nuova leggenda, più riconoscente e gratificante - una stazione della Metro a Parigi porta addirittura il suo nome dal 1° maggio 1946! - molto più vicina a quella reale: anarchica e femminista, agitatrice rivoluzionaria, coraggiosa combattente, libertaria insubordinata, oratrice senza pari... Ma l'avvertimento dell'editore non ha perso attualità ed è con sorpresa che nel corso della lettura delle sue Memorie ho scoperto una Louise Michel che fino a quel momento mi era stata completamente sconosciuta, rispecchiata dall'immagine di lei dipinta nella prefazione:

una donna immediatamente simpatica, dalla voce dolce, dagli occhi scintillanti d'intelligenza e che ispirano bontà (p. 7).


Cercherò qui di dettagliare il ritratto riunendo una serie di estratti che ci mostrano una Louise Michel sensibile alla sorte degli animali non umani, fermamente antivivisezionista, che avrebbe fatto di tutto per diventare vegetariana da bambina, che scorticava i meccanismi di oppressione e delineava parallelismi tra differenti rapporti di dominio: oppressione delle donne, degli animali, dei non bianchi, dei poveri...


Se questa parte manca tutt'oggi al ritratto leggendario di Louise Michel (ed anche in certi ambienti libertari e/o femministi), è perché lo specismo ordinario, che agisce ma non dice il suo nome, è evidentemente sempre all'opera. Di fatto, sembra che Louise Michel stessa avesse già difficoltà a far accettare ai suoi contemporanei ed amici la sua compassione per i non umani:

Sono stata spesso accusata di avere più sollecitudine per gli animali che per le persone: perché intenerirsi per i bruti quando gli esseri razionali sono così infelici? È che tutto va insieme, dall'uccello la cui covata viene schiacciata ai nidi umani decimati dalla guerra [...]


    E il cuore dell'animale è come il cuore umano, il suo cervello è come il cervello umano, capace di sentire e di capire (p. 97).


Questo riconoscimento della sensibilità di tutti gli animali è alla base di ogni lotta per l'uguaglianza animale: i non umani, avendo la stessa capacità di provare piacere e sofferenza, hanno lo stesso diritto degli umani ad aver riconosciuti i loro interessi.

 

Finirò questo capitolo con l'accusa, spesso usata contro di me, da parte di certi amici, testimoni oculari. Dicono che alla barricata Perronnet, a Neuilly, sono corsa con troppa prontezza al soccorso di un gatto in pericolo.
    Ebbene, sì! Ma non per questo ho abbandonato il mio dovere.


    La povera bestia, rannicchiata in un angolo battuto dalle granate, chiamava come un essere umano. In fede mia, sì, sono andata a cercare il gatto, ma ci ho messo meno di un minuto; l'ho messo al sicuro, là dove bastava un passo.
    È stato addirittura raccolto (p. 162).


Sembra che abbia raccolto animali tutta la vita (in seguito, ella racconta il rapporto allacciato con un topo sfacciato che andava a trovarla nella sua cella nella prigione di Clermont), cominciando da bambina nel paese di Vroncourt, dove crebbe:

Quando ero piccola, salvavo molti animali; ce ne erano tanti a casa e non era un problema accoglierli. I nidi di allodole mi venivano dati sotto scambio, poi i bambini capirono che allevavo queste bestiole; questo li divertì e alla fine me li davano di loro volontà.[...]


    Gli uccelli non erano i soli commensali di cani e gatti; ci furono pernici, una tartaruga, un capriolo, dei cinghiali, un lupo, delle civette, dei pipistrelli, delle nidiate di lepri senza madre, allevate col cucchiaio, senza parlare del puledro Zefiro e di suo nonno Brouska [...] Tutti questi animali vivevano in buon accordo [...] Che pace in quella casa e nella mia vita a quell'epoca! (p. 23)


Questa vicinanza con tutti questi animali è certamente all'origine della sensibilità che Louise Michel sviluppò nei confronti di tutti gli esseri sensibili, qualunque ne fosse la specie:

Mi capita spesso, riandando all'origine delle cose, di trovare una forte sensazione che provo ancora identica col passare degli anni.


    Così, la vista di un'oca decapitata che camminava, il collo sanguinante e dritto, con la ferita rossa là dove la testa mancava; un'oca bianca con macchie di sangue sulle piume, camminava come un ubriaco mentre a terra giaceva la testa dagli occhi chiusi, gettata in un angolo, ebbe per me diverse conseguenze.


    Ero probabilmente molto piccola, perché Manette mi teneva per mano per attraversare l'anticamera, come per fare un viaggio.


    Allora mi fu impossibile razionalizzare questa impressione, ma la ritrovo alla base della mia pietà per gli animali e poi alla base del mio orrore per la pena di morte.


    Qualche anno dopo, ci fu l'esecuzione di un parricida in un paese vicino; all'ora dell'esecuzione, la sensazione di orrore che provavo per il supplizio di quell'uomo si mescolava al ricordo del supplizio dell'oca.

Un altro effetto ancora di questa impressione di bambina fu che fino all'età di 8-10 anni, l'aspetto della carne mi rivoltava il cuore; per vincere il disgusto, mi fu necessaria una grande volontà e il ragionamento di mia nonna, che mi disse che avrei avuto troppo emozioni nella vita per lasciarmi andare a questa peculiarità. (p. 157)


Diventare vegetariana all'età di 10 anni, in Francia nel 1840, era certamente una peculiarità, tuttavia mi sembra interessante ricordare che la Vegetarian Society è stata creata in Inghilterra nel 1847.


Louise Michel, senza esser mai divenuta vegetariana durante la sua vita, come sembra, immagina tuttavia una alimentazione chimica come sostituto alla carne degli esseri sensibili:

Forse la nuova umanità, al posto delle acrni putrefatte alle quali siamo abituati, avrà dei miscugli chimici contenenti più ferro e principi nutritivi di quanti ne siano nel sangue e nella carne che assorbiamo. (p. 98)
 

ma non menziona apertamente la sofferenza e il diritto di vivere degli animali come motivo per questa nuova alimentazione, evocando piuttosto i benefici que essa avrebbe sulla salute della «bestia umana». Tuttavia, scrivendo «carni putrefatte», lascia intendere che questo disgusto della carne per la relazione diretta al cadavere non l'ha probabilmente mai abbandonata malgrado la sua volontà e il ragionamento di sua nonna.


D'altra parte, la sua posizione rispetto alla vivisezione, anche se poco sviluppata nelle sue memorie, è chiara:

Trovano interessante torturare un infelice animale per studiare il suo meccanismo che conosciamo più o meno, e che non conosceremo mai meglio a causa delle perturbazioni causate dal dolore nelle funzioni organiche. (p. 156) 

 Fin nelle ferite di laboratorio, l'animale è sensibile alle carezze e alle brutalità. Ma riceve più spesso brutalità: quando un lato è osservato, lo si gira per indagare l'altro; a volte, malgrado i lacci che l'immobilizzano, a causa del dolore esso guasta i tessuti delicati delle carni sulle quali si lavora: allora una minaccia o un colpo gli insegnano che l'uomo è il re degli animali [...] Tutte queste dimostrazioni non sono forse conosciute da molto tempo altrettanto che le sessanta e più operazionoi che si fanno a Alfort sullo stesso cavallo? Operazioni che non servono mai, ma che fanno soffrire la bestia che trema sui suoi piedi sanguinanti a cui sono stati strappati gli zoccoli!


    Non sarebbe meglio finirla con tutto ciò che è inutile nella messa in scena delle scienze? (pp. 97-98)


Impegnata innanzitutto in modo pratico nella lotta per l'uguaglianza di diritti tra gli uomini e le donne, si spinge a paragonare l'educazioine delle ragazze all'allevamento degli animali:

Le ragazze, allevate ad essere sciocche, sono volutamente rese inermi perché siano meglio ingannarle: è questo che si vuole [...] Gli Inglesi creano razze di animali per macellarle; la gente civile prepara le ragazze perché vengano ingannate, poi lo giudica un crimine per loro e quasi un onore per il seduttore.


    Che scandalo quando si trovano teste ribelli nel gregge? Dove si arriverebbe se gli angelli non volessero più essere sgozzati? È probabile che li si sgozzerebbe lo stesso, che porgano o no il collo. Che importa! È preferibile non porgerlo. (pp. 83-84)


Louise Michel lancia un appello all'insubordinazione delle donne rivolgendolo agli agnelli. Per lei, tutti gli animali, qualunque ne sia la specie, il sesso o la razza, sono sullo stesso piano. Quando evoca i massacri che ebbero luogo al tempo della Comune, include anche gli uccelli, anch'essi coinvolti:

Una quantità enorme di gente dispersa prova a che punto sono state attenuate le cifre dell'ecatombe; i soldati erano stanchi; le mitraglie si sfasciavano; braccia si levavano da terra, urla di agonia nei mucchi di persone fucilate sommariamente, la morte delle rondini, avvelenate dalle mosche dell'immenso carnaio, questa fu la carneficina a freddo dopo la carneficina a caldo. (p. 181)


In realtà, secondo la stessa Louise Michel, il suo impegno nella lotta aveva per fondamento questo sentimento di ingiustizia, di disgusto contro questo dominio ingiustificato che gli umani si arrogano su tutti gli altri animali:



Al fondo della mia rivolta contro i forti, anche nei miei ricordi più lontani, trovo l'orrore delle torture inflitte agli animali.


    Dalla rana smembrata dai contadini e lasciata a trascinarsi sotto il sole, con gli occhi orribilmente fuori delle orbite, le zampe tremanti, in cerca di fuga sottoterra, fino all'oca a cui si inchiodano le zampe, fino al cavallo stremato dalle sanguisughe o sventrato dalle corna dei tori, l'animale subisce, penoso, il supplizio inflitto dall'uomo.


    E più l'uomo è feroce con la bestia, più striscia di fronte a coloro che lo dominano.


    Alle crudeltà che si vedono commettere sugli animali nelle campagne, all'aspetto orribile delle loro condizioni, data la mia pietà per essi ed insieme la comprensione dei crimini della forza. È così che coloro che reggono il popolo agiscono verso di lui! Questa riflessione non poteva non venirmi. Perdonatemi, cari amici della provincia, se insisto sulle sofferenze sopportate dagli animali presso di voi.


    Nel duro lavoro che vi curva sulla terra matrigna, voi stessi soffrite tanto che il disprezzo arriva per tutte le sofferenze. Tutto questo non finirà mai?


    I contadini hanno la triste abitudine di donare dei piccoli animali come giocattoli ai loro figli. In primavera si vedono sulla soglia delle porte di casa, o in estate in mezzo al fieno o al grano tagliato, dei poveri uccellini che aprono la bocca a dei marmocchi di due-tre anni che vi mettono innocentemente della terra, che sospendono l'uccelletto per una zampa per farlo volare, guardando agitarsi le loro piccole ali senza piume.


    Altre volte sono dei cagnolini o dei gattini che il bambino trascina come carrozzine, sui sassi o nei ruscelli. Quando la bestiola morde, il padre la schiaccia sotto il suo zoccolo.


    Tutto questo si fa senza pensare; la fatica schiaccia i genitori, il destino li governa come il bambino governa la bestia. gli esseri, da un capo all'altro del mondo (forse dei mondi!) gemono nell'ingranaggio: dappertutto il più forte strangola il più debole. (p. 92)


Per concludere, Louise Michel, anche se lo fa in modo frammentario attraverso le sue Memorie, esprime l'idea che tutte le lotte devono essere condotte parallelamente e che nessuna è più importante delle altre o deve essere eclissata a vantaggio di un'altra.


Come aveva dichiarato un suo contemporaneo, Frederic Douglass (1818-1895), nato schiavo, abolizionista impegnato nella lotta per l'uguaglianza: «None are free, until all are free», nessuno sarà libero finché tutti non saranno liberi. Mi sembra che questo «tutti» per Louise Michel, rispetto alla sua visione del mondo, include evidentemente gli altri animali e non solo gli umani:

Bisogna liberare tutto, tutto, gli esseri e il mondo - i mondi forse, chissà? selvaggi che siamo! (p. 163)

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