sabato 21 maggio 2011

"Io guiderò": la sfida e la lotta delle donne arabe

 

Tam tam su Twitter e Facebook: "Il 17 giugno tutte al volante". 

Chi è femmina lo fa di nascosto e rischia l'arresto in un Paese  
in cui non si può votare, lavorare o scegliere il marito «Io guiderò»: è la parola d’ordine lanciata sui social network da un gruppo di donne saudite che esortano le loro connazionali a prendere l’auto il prossimo 17 giugno e a mettersi al volante. 

L’invito rappresenta una sfida estremamente seria e con delicate implicazione politiche perchè, nel Regno, la patente di guida (così come il voto e la possibilità di un lavoro indipendente o di scegliere il proprio marito) è ancora preclusa alla popolazione femminile, anche se molte donne guidano già nelle zone desertiche, fuori città, a rischio di venire arrestate. 

Il tam tam della manifestazione si sta diffondendo rapidamente in rete, e le promotrici di ’Women2drivecampaign’ contano su una partecipazione massiccia. «Siamo nel 2011 e stiamo ancora discutendo su questo insignificante diritto», si lamenta Manal, una delle organizzatrici del gruppo Facebook, che per ragioni di sicurezza fornisce solo il nome. 

Il problema - osserva una sua compagna di lotta su Twitter - è che l’Arabia Saudita è «un terreno scivoloso: cominci con le donne che guidano, e poi ti ritrovi con le donne che vogliono votare o sposare chi gli pare». «Una cosa che mi piace della protesta del 17 giugno è che se il governo deciderà la strada della repressione, apparirà a tutto il mondo eccessivamente irragionevole e duro. Se invece permetterà alle signore di guidare, cadrà la barriera della paura di fronte a questo e ad altri divieti», aggiunge un’altra. 

La ’protesta delle automobilistè saudite sarebbe stata probabilmente impensabile senza il precedente delle rivolte arabe dei mesi scorsi. «Il fatto di organizzarsi e agire come un movimento, è qualcosa che le donne saudite possono aver imparato solo dagli eventi recenti», conferma Wajeeha al-Howeider, un’attivista per i diritti umani del Paese. 

Nel 1990, quando le truppe americane utilizzarono il Regno come base operativa per il conflitto nel Kuwait, per la prima volta per la strade saudite si videro alcune donne al volante: soldatesse statunitensi, ma anche signore kuwaitiane in fuga dal loro Paese. Alcune saudite decisero allora di imitarle, per far valere quello che consideravano un loro diritto, ma furono arrestate. 

Oggi, a una generazione di distanza, le loro figlie ci riprovano. Intanto Manal racconta su Facebook che lei già sfida abitualmente il divieto e guida la macchina in città almeno per quattro giorni a settimana. Finora non è mai stata fermata. «Lo faccio perchè sono frustrata, arrabbiata e matta», spiega lei, in attesa che le altre seguano il suo esempio. 

Sui network è già un’eroina, e qualcuno l’ha ribattezzata la ’Rosa Parks’ saudita, in ricordo della donna afro-americana che nel 1955 si si rifiutò di cedere il posto ad un bianco, su un autobus a Montgomery negli Stati Uniti, dando il via alla battaglia per l’uguaglianza razziale.

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