Ecofemminismo



Diritti delle donne e difesa degli animali: l'ecofemminismo di Carol J. Adams (a cura di Agnese Pignataro)

L'inclusione degli animali nell'etica femminile
Carol Adams riscontra che, sebbene le donne costituiscano la gran parte dei movimenti animalisti, il femminismo non si è mai interessato alla causa della liberazione animale con lo stesso fervore politico e filosofico con cui ha abbracciato altre istanze, come l'antirazzismo e la lotta di classe. Ciò è accaduto soprattutto perché, nel corso degli anni, molte femministe hanno recepito l'accostamento della liberazione delle donne alla liberazione animale come un modo per disumanizzare le donne. Esse, al contrario, fondavano la loro azione politica sulla rivendicazione dell'appartenenza della donna alla specie umana, del suo essere razionale e pensante al pari dell'uomo.
Ma, d'altra parte, sintetizza Adams, le filosofie femministe hanno sottolineato come l'assoggettamento delle donne nella cultura occidentale sia effetto dell'enfasi sulla razionalità e del conseguente disconoscimento del corpo. Poiché il corpo è stato svalutato, e poiché donne, animali e persone di colore sono state eguagliate al corpo, esse sono sempre state considerate "meno di". La questione è dunque: come rovesciare questa struttura? Dicendo che la razionalità è importante e che noi donne siamo esseri razionali, rivendicando l'appartenenza al campo da cui siamo state escluse e disconoscendo anche noi il corpo? Oppure rivalutando il corpo come fonte di conoscenza? In questo caso, secondo Adams, potremmo continuare a dire che gli animali sono fatti solo di corpo, che non sono razionali, ma estendendo loro le intuizioni femministe otterremmo la loro inclusione in una nuova sfera etica corporalizzata, fondata sui legami interpersonali, sull'amore responsabile, sulla trasmissione di conoscenza attraverso il corpo.
Lo scopo di Adams non è semplicemente mescolare i diritti animali e i diritti delle donne. Adams intende analizzare le strutture di oppressione, utilizzando gli strumenti concettuali del femminismo di seconda ondata[1], ed interpretare la barriera di specie come una di queste strutture. La barriera umano/animale, in questa prospettiva, è una forma di assoggettamento patriarcale; per abbatterla, è necessario in primo luogo riconoscere questo suo carattere e, successivamente, adoperarsi per il superamento della società maschilista.

Credo che il movimento femminista non abbia rivolto abbastanza attenzione – afferma Carol Adams – al fatto che la presenza di animali è molto spesso un presupposto della nostra oppressione. Le donne che subiscono violenza in casa vengono frequentemente terrorizzate, traumatizzate e ricattate dai loro oppressori attraverso il maltrattamento dei loro animali e dei loro figli. I bambini che subiscono abusi sessuali vengono ricattati con minacce agli animali. Gli atti di violenza sugli animali portano ad una conferma continua del potere maschile.

Secondo Adams, l'identità maschile si è progressivamente costruita, nella nostra cultura, anche attraverso l'alimentazione carnea e il controllo su altri corpi, che si trattasse di donne o di animali. "Uomo", che generalmente nella cultura occidentale si traduce con "uomo bianco", si costituisce come concetto e come identità sessuale solo attraverso la negazione. "Non donna", "non animale", "non di colore". cioè, "non altro". Inoltre, la biologia maschilista ha spesso difeso la supremazia maschile facendo appello alle leggi di natura: il maschio domina la sua femmina perché è ciò che la natura impone (salvo poi infastidirsi quando lo si classifica come animale). "Essere uomo" è legato ad una identità, definita da cosa i "veri uomini" possono e non possono fare. I "veri uomini" non mangiano la quiche , i "veri uomini" vanno a caccia. È interessante notare quanti insulti omofobici vengono lanciati dai cacciatori agli attivisti anti caccia di sesso maschile.

La critica alle filosofie animaliste tradizionali
Carol Adams non accetta né la liberazione animale di Peter Singer, né la teoria dei diritti animali di Tom Regan.

Non credo possiamo pensare ad una "liberazione" animale. I movimenti di liberazione sono movimenti di gruppi oppressi che sorgono dal loro interno. Non mi piace neanche usare la parola "diritti" quando parliamo di difesa degli animali. Il linguaggio dei diritti è un'eredità dell'Illuminismo, quello stesso Illuminismo che ha creato la problematica filosofica dell'individuo razionale.[2]

Il femminismo, afferma Adams, cambia completamente la scena. Non si tratta di prendere la filosofia dei diritti animali ed includervi le donne, ma di partire dal femminismo ed adoperarne le intuizioni fondamentali sul funzionamento del patriarcato. Il patriarcato è un sistema di genere che è implicito nella relazione umani/non umani: l'analisi delle sue strutture getta gran luce sul modo in cui vediamo gli animali.

I diritti degli animali non sono antiumani
L'accusa fatta ai sostenitori dei diritti animali di essere antiumani rispecchia quella fatta alle femministe di essere contro gli uomini. Carol Adams afferma che di fatto, è lo sfruttamento degli animali che è antiumano.

Se il modello di umanità fosse femminile e vegetariano piuttosto che maschile e carnivoro, allora la nostra idea di natura umana sarebbe profondamente rimessa in causa. Gli animali sarebbero considerati parenti e non prede, o modelli sperimentali, o macchine animate: noi stessi ci vedremmo come radicalmente legati a questi parenti e non come dei predatori, o sperimentatori, o padroni. La ricostruzione femminista della natura umana include l'esame del modo in cui, in quanto umani, interagiamo con il mondo non umano. I diritti degli animali non sono antiumani: essi sono antipatriarcali.